mercoledì 28 gennaio 2015

Il giorno della civetta















Circolo di lettura 'SOTTO UN'ALTRA LUCE'
Incontri di lettura e legalità

a cura della Libera Biblioteca PG Terzi e del Presidio di Libera 'Roberto Antiochia' del II Municipio con la collaborazione del Liceo Statale Niccolò Machiavelli di Roma


Il giorno della civetta
di Leonardo Sciascia
Reperibilità nelle Biblioteche comunali:
il libro è reperibile praticamente in tutte le Biblioteche del Comune di Roma. Vedi http://www.bibliotu.it/.do#0
« Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia... E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed è già, oltre Roma... »
(Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta)
Il giorno della civetta
La complessa genesi. Nel 1956/1957 Sciascia sta lavorando ad un racconto, Il silenzio, che può essere considerato l'origine de Il Giorno della Civetta. In una lettera a Italo Calvino – amico e lettore della Casa Editrice Einaudi - del 2 settembre 1957 Sciascia scrive infatti: «Avevo intrapreso a scrivere un racconto di tecnica “gialla”– ambiente siciliano, mafia e politica».
Circa un anno dopo, il 2 ottobre del 1958, sempre rivolgendosi a Calvino, scrive: «sto lavorando a un racconto lungo sulla mafia di tecnica gialla e che avrà il titolo shakespeariano de “Il giorno della civetta” (“come la civetta quando il giorno compare”)».
Poco dopo l'annuncio a Calvino del racconto lungo, nel febbraio 1959, viene pubblicato, ne “La Fiera Letteraria” il racconto breve Il silenzio (vedi in appendice).
Il giorno della civetta, iniziato dunque nel 1958, rivisto nel 1960, letto da Calvino in manoscritto nel settembre di quell'anno, viene pubblicato, per la prima volta da Einaudi, l'anno successivo, nel 1961.
Proprio questa genesi così complessa del racconto fa sì che comunque esso non sia dei più amati da Sciascia, che per sua tendenza non ama molto la rielaborazione.
Calvino e la casa editrice Einaudi. Per inciso si ricorda che Cesare Pavese e Natalia Ginzburg, terminata la guerra, si occupano di rimettere in piedi la Einaudi, fondata nel 1933. Calvino entra come collaboratore stabile e lettore presso questa casa editrice nel 1950 e prende il posto di Cesare Pavese, morto suicida in quell'anno. In particolare Italo Calvino e Elio Vittorini, attraverso le collane di narrativa e la rivista «Il menabò» (1959-1967), guidano la ricerca letteraria con una grande attenzione a quanto di più innovativo accade in Europa e in America.
'Finzione' e realtà. Molti sono i parallelismi tra finzione – diciamo così – e realtà che rendono questo libro veramente importante:
- Salvatore Colasberna e
Accursio Miraglia (1896 – 1947) , persona vera, con una storia di impegno che vale la pena di conoscere, ucciso a Sciacca nel gennaio del 1947;
-
il Capitano Bellodi e Renato Candida (-1988), vero Comandante dell'Arma dei Carabinieri ad Agrigento, autore di un saggio Questa mafia (1956) ed amico di Sciascia. Scriveva Sciascia di Candida ne La Stampa dell'11 novembre 1988, in occasione del trigesimo della morte, “…Non solo per ‘Il giorno della civetta’, ma per ogni mio racconto in cui c’è il personaggio di un investigatore, la figura e gli intendimenti di Renato Candida, la sua esperienza, il suo agire, più o meno vagamente mi si sono presentate alla memoria, all’immaginazione…”. E come non pensare immediatamente a Salvo Montalbano, creatura di Camilleri, e a tanti altri. Vedi per approfondimenti: http://www.amicisciascia.it/component/k2/item/459-il-rapporto-tra-sciascia-e-candida.html
- Don Mariano Arena e … non mancano certo personaggi reali che, ieri come oggi, possano richiamare questo personaggio.
Gli 'allegati'. Ma è da sottolineare l'importanza anche degli 'allegati' che vanno a chiudere il libro: la Nota coeva alla prima edizione e l'Avvertenza che compare, e sempre poi resta, nell'edizione del 1972. Due pezzi da meditazione.
Il titolo. Infine una notazione sul titolo. Il titolo è tratto dall’Enrico VI di Shakespeare (Parte III Atto V Scena IV), e un passo del testo shakespeariano fa da epigrafe al romanzo: “… come la civetta quando di giorno compare”. Lo studioso Paolo Squillacioti (in Opere. Narrativa Teatro Poesia di Leonardo Sciascia, a cura di Paolo Squillacioti, Adelphi) riporta due brevi testi (del 1960 e del 1979) con i quali lo scrittore spiega così il titolo: la mafia, che in passato operava in segreto, come la civetta che è un animale notturno, ora agisce in piena luce, anche grazie a complicità politiche. Ma leggendo il testo di Shakespeare l'interpretazione potrebbe essere diversa: il Duca di Somerset, prima della Battaglia di Tewkesbury (1471) fra i Lancaster e gli York – una delle battaglie decisive della Guerra delle due rose 1455-1485 - dice “E chi non vuole combattere per una tale speranza vada a casa e a letto e, se si alza, sia oggetto di scherno e di meraviglia, come la civetta quando di giorno compare”. Come dire: che non provi a farsi vedere in giro chi oggi non è al nostro fianco per lottare contro il nemico. Così il Capitano Bellodi, dopo essere stato amaramente sconfitto nelle sue indagini, tornando nella sua Parma e vedendo la superficialità con cui le ragazze del Nord parlano della Sicilia, decide che tornerà giù finché “mi ci romperò la testa”.
Purtroppo bisogna dire che, nonostante tale incoraggiamento alle sue truppe, nella battaglia di Tewkesbury il casato di Lancaster venne completamente sconfitto dal rivale Casato di York.
Epoca Il racconto, se si concorda per un riferimento molto probabile alla vicenda di Accursio Miraglia, si svolge intorno alla metà del secolo scorso. Quindi Sciascia racconta una Sicilia di poco più di 10 anni prima. Inutile dire invece come la storia sembri senza tempo.
Nel 1943, alla caduta del fascismo, rimangono attive in Sicilia solo un quinto delle cooperative agricole nate prima del regime (mentre nel resto d'Italia la percentuale si aggira intorno al 50%). Le cooperative permettevano con una distribuzione dei costi collettiva e l'accesso ai finanziamenti delle casse rurali collegate, dei vantaggi per la comunità dei contadini. 
Se nel resto d'Italia la rinascita si ricollega all'esperienza socialista precedente, in Sicilia la distruzione, anche materiale, delle sedi, dei macchinari, la dispersione e l'uccisione degli animatori di queste cooperative, fa sì che la rinascita debba ripartire da zero.
All'indomani dello sbarco alleato, nel 1943, i contadini come era accaduto con lo sbarco dei mille nel 1860, coltivano l'ingenua speranza di un
cambiamento radicale: con la fine della guerra una più giusta ridistribuzione delle terre e del lavoro. Nel 1944 Miraglia fonda la cooperativa “La madre terra” e con essa una nuova forma di solidarietà che si alimenta di questa speranza. Egli cerca di organizzare e portare avanti le istanze delle persone più umili, degli stessi contadini che coraggiosamente chiedono l’attuazione delle leggi che destinavano loro, purché fossero riuniti in cooperative agricole, la terra incolta o malcoltivata dei latifondi. Si tratta dello storico decreto Gullo e, successivamente, Gullo-Segni. E' un avvenimento storico la cavalcata da lui organizzata che vede diecimila persone sfilare su carri, cavalli, muli e a piedi per le vie di Sciacca. La sua attività gli fa subire le pesanti minacce dei latifondisti e dei gabellotti mafiosi che non sono disposti, nonostante l'imposizione della legge, a rinunciare a nessuna terra e a nessun guadagno derivante. I gabellotti sono i primi affittuari dei latifondi e amministrano con ogni mezzo, lecito ma soprattutto illecito, le terre per conto dei grandi proprietari che vivono nei grandi palazzi cittadini e abbandonano le terre ai questi sottoposti preoccupandosi di riceverne solo i proventi. 

Nell'inverno del 1946 sembra che qualcosa inizi a migliorare, il movimento contadino sta riuscendo anche in Sicilia a vedere faticosamente riconosciuti i propri diritti, ma nella notte del 4 gennaio 1947, al rientro da una riunione di partito, Accursio Miraglia viene ucciso sulla porta di casa. Ha 51 anni e aveva dedicato la sua vita a ridare un futuro ai contadini.
L'applicazione del decreto Gullo con lo scorporamento dei latifondi siciliani avrebbe potuto assestare un colpo pesante al potere della Mafia e fu per questo che produsse uno scontro tra i proprietari terrieri conservatori (spalleggiati dai loro gabellotti mafiosi) e i movimenti contadini guidati dai leader sindacali, tra i quali spiccarono Accursio Miraglia, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, che vennero barbaramente assassinati dai mafiosi insieme a molti altri capi del movimento contadino che in quegli anni lottarono per la terra negata.
Il delitto di Miraglia, come del resto tutti gli omicidi di dirigenti e militanti del movimento contadino, è rimasto impunito.
Luogo
La città del racconto non è indicata con esattezza ma il delitto viene commesso in una Piazza Garibaldi dominata dai campanili della Matrice. E' presumibile che possa identificarsi con Sciacca, dove viene ucciso Miraglia. Fanno da sfondo al romanzo anche Palermo, Roma, Parma (città di origine del Capitano Bellodi) ma la vicenda in realtà ha luogo … in Sicilia. Forse perché in ogni paese, città della Sicilia sarebbe potuta accadere.

Breve biografia dell'autoreLeonardo Sciascia (Racalmuto, 1921Palermo, 1989) è il primo di tre fratelli. Suo padre è impiegato presso una delle miniere di zolfo della zona e la madre è casalinga, di famiglia artigiana. Durante gli studi superiori a Caltanissetta, presso l'Istituto Magistrale "IX Maggio", incontra Vitaliano Brancati, che insegna nella stessa scuola e che resterà il suo modello e guida nel mondo della cultura.
Nel 1941 si diploma e trova impiego al Consorzio Agrario. Questo gli permette di avere una conoscenza diretta ed intensa del mondo contadino. Al Consorzio lavora fino al 1948.
Dopo vari scritti giovanili, poesie e saggi, nel 1956 pubblica "Le parrocchie di Regalpetra", una narrazione autobiografica dell'esperienza vissuta come maestro nelle scuole elementari del suo paese.
Nel 1957 viene assegnato al Ministero della Pubblica Istruzione a Roma e in autunno pubblica i tre racconti che vanno sotto il titolo "Gli zii di Sicilia". Dopo un anno torna in Sicilia, a Caltanissetta, e da questo momento inizia il periodo più fecondo della sua produzione letteraria, che comprende romanzi, saggi, opere teatrali.
Nel 1967 si trasferisce a Palermo e nel 1969 inizia la sua collaborazione con il Corriere della Sera.
In effetti la collaborazione di Sciascia è molto intensa ed egli scrive per numerosi giornali e riviste italiane (L'Ora, Il Corriere della Sera, La stampa ...).Alle elezioni comunali di Palermo nel giugno 1975 lo scrittore si candida come indipendente nelle liste del PCI e viene eletto con molte preferenze. Ma 1977 si dimette dalla carica di consigliere del PCI perché contrario al compromesso storico e altre divergenze con il partito. Nel 1979 entra nel partito Radicale e si candida sia al Parlamento europeo sia alla Camera. Viene eletto in entrambe le sedi ed opta per Montecitorio, dove rimarrà fino al 1983 occupandosi quasi esclusivamente dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia.
Nei primi anni '80 allo scrittore viene diagnosticato un tumore al midollo osseo.
Il 10 gennaio 1987, sul Corriere della Sera, Sciascia pubblica l'articolo "I professionisti dell'antimafia", nel quale denuncia il comportamento di alcuni magistrati palermitani del pool antimafia, definendoli "eroi della sesta", i quali a suo parere avrebbero peccato di carrierismo.
L'espressione popolare, di origine milanese, usata da Sciascia, nasce, nei giorni successivi alla Cinque giornate, quando gli aristocratici, borghesi e politici che si erano tenuti ben lontani dagli scontri, si insediano al governo della città dopo la ritirata delle truppe austriache.
In particolare, lo scrittore accusa il giudice Paolo Borsellino di aver vinto il concorso per il posto di Procuratore della Repubblica di Marsala, non per motivi di anzianità di servizio, ma per specifiche e particolari competenze professionali acquisite sul campo, che il Consiglio Superiore della Magistratura gli riconosce particolarmente e che gli valgono il superamento in graduatoria di altri magistrati: “I lettori, comunque, prendano atto che nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso.” Per chi volesse leggere il testo integrale dell'articolo: http://antimafia.altervista.org/sciascia.php
L'articolo suscita la reazione di molte personalità della cultura e della politica e Sciascia viene isolato dalle maggiori forze politiche e culturali. Purtroppo pochissimi anni dopo, nel 1992, tutti poterono constatare quanto alto sia stato il prezzo pagato dal giudice Borsellino per il suo presunto 'carrierismo'.
Leonardo Sciascia muore a Palermo il 20 novembre 1989. È sepolto nel cimitero di Racalmuto, suo paese natale; sulla lapide la frase: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”. In un un manoscritto, conservato dalla famiglia, Sciascia scrive: “Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l'Isle-Adam (1838 –1889, scrittore e commediografo simbolista francese): 'Ce ne ricorderemo, di questo pianeta'. E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano.” Sulla scommessa di Pascal: http://it.wikipedia.org/wiki/Scommessa_di_Pascal
•••••••••••••••••••••••••••••

Il silenzio, di Leonardo Sciascia
«LEONARDO SCIASCIA: Due racconti (Il silenzio, L’antimonio)», p.5 de «La Fiera letteraria», domenica 8 febbraio 1959
[ Sono sottolineate le parti, a volte semplici accenti o diversa punteggiatura a volte più sostanziali, che, nell'incipit de Il giorno della civetta, risultano modificate ]

L’autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa nel grigio dell’alba, sfilacce di nebbia pendevano dai campanili della Matrice: solo il rombo dell’autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante ed ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l’autobus si mosse con un rumore di sfasciume, come una casa sull’onda del terremoto. L’ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza, colse l’uomo vestito di scuro che veniva correndo; il bigliettaio disse all’autista – un momento – e aprì lo sportello mentre l’autobus ancora si muoveva. Si sentirono due colpi squarcianti: l’uomo vestito di scuro, che stava per saltare sul predellino, restò per un attimo sospeso, come tirato su per i capelli da una mano invisibile; gli cadde la cartella di mano e sulla cartella lentamente si afflosciò.
Il bigliettaio bestemmiò: la faccia gli era diventata colore di zolfo, tremava. Il venditore di panelle, che era a tre metri dall’uomo caduto, muovendosi come un granchio cominciò ad allontanarsi verso la porta della chiesa. Nell’autobus nessuno si mosse, l’autista era come impietrito, la destra sulla leva del freno e la sinistra sul volante. Il bigliettaio guardò tutte quelle facce che sembravano facce di ciechi, senza sguardo; disse – l’hanno ammazzato – si levò il berretto e cominciò a passarsi la mano sui capelli; bestemmiò ancora.
– I carabinieri – disse l’autista – bisogna chiamare i carabinieri.
Si alzò ed aprì l’altro sportello – ci vado – disse al bigliettaio.
Il bigliettaio guardava il morto e poi i viaggiatori. Ci erano anche donne sull’autobus, vecchie che ogni mattina portavano sacchi di tela bianca, pesantissimi, e ceste piene di uova; le loro vesti nere stingevano odore di trigonella di stallatico di legna bruciata; di solito lastimavano e imprecavano, ora stavano in silenzio, le facce come dissepolte da un silenzio di secoli.
 – Chi è? – domandò il bigliettaio indicando il morto. Nessuno rispose: il bigliettaio bestemmiò, era un bestemmiatore di fama tra i viaggiatori di quella autolinea, bestemmiava con estro: già gli avevano minacciato licenziamento. Era siracusano, in fatto di morti ammazzati aveva poca pratica: una stupida provincia, quella di Siracusa.
Vennero i carabinieri, il maresciallo nero di barba e di sonno. Dall’altro sportello dell’autobus, ad uno ad uno, i viaggiatori cominciarono a scendere; in apparente indolenza, voltandosi indietro come a cercare la distanza giusta per ammirare i campanili, si allontanavano verso i margini della piazza e, dopo un ultimo sguardo, svincolavano. Di quella lenta raggera di fuga il maresciallo e i carabinieri non si accorgevano. Intorno al morto stavano ora un centinaio di persone; il maresciallo ordinò ai carabinieri di far sgombrare la piazza e di far risalire sull’autobus i viaggiatori. I carabinieri cominciarono a spingere i curiosi verso le strade che intorno alla piazza si aprivano, spingevano e chiedevano ai viaggiatori di andare a riprendere il loro posto sull’autobus. Quando la piazza fu vuota, vuoto era anche l’autobus; solo l’autista e il bigliettaio restavano.
– E che – domandò il maresciallo all’autista – non viaggiava nessuno oggi?
– Qualcuno c’era – rispose l’autista con faccia smemorata.
– Qualcuno – disse il maresciallo – vuol dire tre quattro cinque, io non ho mai visto questo autobus partire, che ci fosse un solo posto vuoto.
– Non so – disse l’autista, tutto spremuto nello sforzo di ricordare – non so: qualcuno, dico, così per dire; certo non erano quattro o cinque, erano di più, forse l’autobus era pieno... Io non guardo mai la gente che c’è: mi infilo al mio posto e via... Solo la strada guardo, mi pagano per guardare la strada.
Il maresciallo si passò sulla faccia una mano stirata dai nervi.– Ho capito – disse – tu guardi solo la strada; ma tu – e si voltò inferocito verso il bigliettaio – tu stacchi i biglietti, prendi i soldi, dai il resto: conti le persone e le guardi in faccia... E se non vuoi che te ne faccia ricordare in camera di sicurezza, devi dirmi subito chi c’era sull’autobus, almeno dieci nomi devi dirmeli; da tre anni che fai questa linea, da tre anni ti vedo ogni sera al caffè Italia: il paese lo conosci meglio di me...
– Meglio di lei il paese non può conoscerlo nessuno – disse il bigliettaio, col tono di schermirsi da un complimento.
Va bene – disse il maresciallo sogghignando – prima io e poi tu: va bene; ma io sull’autobus non c’ero, ché ricorderei uno per uno i cinquanta viaggiatori che c’erano; dunque tocca a te, almeno dieci devi nominarmeli.
– Non mi ricordo – disse il bigliettaio – sull’anima di mia madre, non mi ricordo; in questo momento di niente mi ricordo, mi pare che sto sognando.
– Ti sveglio io ti sveglio – s’infuriò il maresciallo – con un paio d’anni di galera ti sveglio... – ma s’interruppe per andare incontro al pretore che veniva. E mentre riferiva al pretore sulla identità del morto e sulla fuga dei viaggiatori, guardando l’autobus, ebbe un lampo di percezione, il senso che qualcosa mancasse o stesse fuori posto: come quando una cosa viene a mancare alle nostre abitudini, una cosa che, per uso o consuetudini, si ferma ai nostri sensi e più non arriva alla mente; e la sua assenza genera un piccolo vuoto smarrimento, come una intermittenza di luce che ci esaspera: finché la cosa che cerchiamo di colpo nella mente si rapprende.
– Manca qualcosa – disse il maresciallo al carabiniere Sposito che, col diploma di ragioneria che aveva, era la colonna della Stazione Carabinieri di S. – Manca qualcosa, o qualcuno...
– Il panellaro – disse il carabiniere Sposito.
– Perdio: il panellaro – esclamò il maresciallo, e pensò delle scuole patrie «non lo danno al primo venuto, il diploma di ragioniere».
Un carabiniere fu mandato di corsa per acchiappare il panellaro: sapeva dove trovarlo, ché di solito, dopo la partenza del primo autobus, andava a vendere le panelle calde nell’atrio delle scuole elementari. Cinque minuti dopo il maresciallo aveva davanti il venditore di panelle: una faccia di uomo sorpreso nel sonno più innocente.
– C’era? – domandò il maresciallo al bigliettaio indicando il panellaro.
– C’era – disse il bigliettaio guardandosi una scarpa.
– Dunque – disse il maresciallo – tu stamattina, come al solito, sei venuto a vendere panelle qui: il primo autobus per Palermo, come al solito...
– Ho la licenza – disse il panellaro.
Non mi importa della licenza – disse il maresciallo alzando al cielo occhi che invocavano pazienza – voglio sapere una cosa sola, me la dici e te ne vai subito a vendere panelle ai ragazzini: chi ha sparato?
– Perché – fece il panellaro – hanno sparato?

Per chi volesse approfondire: http://www.academia.edu/6047377/Lalba_del_giorno_della_civetta_Il_silenzio_di_Sciascia


•••••••••••••••••••••••••••••

Trasposizioni cinematografiche del libro

Il giorno della civetta, film del 1968 diretto da Damiano Damiani, interpretato da Franco Nero (Capitano Bellodi), Claudia Cardinale (Rosa Nicolosi), Lee J. Cobb (Don Mariano Arena), Tano Cimarosa (Zecchinetta), Serge Reggiani (Parrinieddu). David di Donatello del 1968: miglior produttore, migliore attrice protagonista (Claudia Cardinale), miglior attore protagonista (Franco Nero), Targa d'oro a Damiano Damiani

Filmografia
Molti sono i libri di Sciascia da cui sono stati tratti film:
1967 - A ciascuno il suo di Elio Petri (dal romanzo omonimo);
1968 - Il giorno della civetta di Damiano Damiani (dal romanzo omonimo);
1969 - Un caso di coscienza di Giovanni Grimaldi (dal racconto omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1971 - Gioco di società di Giacomo Colli, film per la TV (dal racconto omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1972 - Storia dell'emigrazione di Alessandro Blasetti, film per la TV (dal racconto 'Il lungo viaggio' contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1976 - Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi (dal romanzo 'Il contesto');
1976 - Todo modo di Elio Petri (dal romanzo omonimo);
1976 - Una vita venduta di Aldo Florio (dalla novella 'L'antimonio');
1978 - Grand Hotel des Palmes di Memé Perlini (liberamente tratto dal libro 'Atti relativi alla morte di Raymond Roussel');
1982 - Candido di Roberto Guicciardini, film per la TV (dal libro 'Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia') ;
1982 - Western di cose nostre di Pino Passalacqua, film per la TV (dal racconto omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1989 - Gioco di società di Nanni Loy, film per la TV (dal racconto omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1990 - Porte aperte di Gianni Amelio (dal romanzo omonimo);
1990 - Filologia di Giuseppe Gigliorosso, film per la TV (dal racconto omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1991 - Una storia semplice di Emidio Greco (dal romanzo omonimo);
2000 - Ce ne ricorderemo, di questo pianeta. Un sogno di Sciascia in Sicilia di Davide Camarrone e Salvo Cuccia;
2001 - Il consiglio d'Egitto di Emidio Greco (dal romanzo omonimo).

PS ma anche NB - Per questa scheda sono utilizzati materiali vari provenienti da Internet (naturalmente Wikipedia, ma anche altro spesso indicato nel testo. Numerosissimi sono i siti dedicati a Sciascia), dal libro di Sciascia (edizioni varie) e dal testo di Shakespeare (Teatro, ed. Sansoni, 1957).
Molti ed assai rilevanti sono i siti dedicati alla memoria degli avvenimenti e delle vittime di mafia, primo fra tutti il sito dell'Associazione Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie http://www.libera.it/ . E' un sito molto attivo, importante, in cui si trova non solo documentazione per ricordare, ma anche tantissime indicazioni, appuntamenti ed eventi per agire.
L'elaborazione di questa scheda è di Claudia Pantanetti con Arianna Terzi, della LBPGTerzi, e vuole essere solo una raccolta, anche disordinata, di alcuni spunti di meditazione assolutamente libera su Il giorno della civetta. Alcuni spunti … perché il libro ne è ricchissimo. Come, peraltro, tutti i libri!

I siti delle nostre Associazioni:

Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie. Presidio 'Roberto Antiochia' del II Municipio
sito sempre aggiornatissimo, ricco di informazioni e particolarmente dedicato alla diffusione di iniziative sulla legalità

Libera Biblioteca PG Terzi
sito dedicato al 'piacere della lettura', con indicazioni di iniziative e riflessioni su
l mondo dei librihttp://liberabibliotecapgterzi.blogspot.it/ - indirizzo mail: LiberaBibliotecaPGT@gmail.com