Circolo
di lettura 'SOTTO
UN'ALTRA LUCE'
Incontri di lettura e legalità
Incontri di lettura e legalità
a
cura della Libera Biblioteca PG Terzi
e del Presidio di Libera 'Roberto Antiochia' del II
Municipio con
la collaborazione del Liceo Statale Niccolò
Machiavelli di Roma
Il
giorno della civetta
di Leonardo Sciascia
di Leonardo Sciascia
Reperibilità
nelle Biblioteche comunali:
il libro è reperibile praticamente in tutte le Biblioteche del Comune di Roma. Vedi http://www.bibliotu.it/.do#0
il libro è reperibile praticamente in tutte le Biblioteche del Comune di Roma. Vedi http://www.bibliotu.it/.do#0
« Forse
tutta l'Italia va diventando Sicilia... E sale come l'ago di mercurio
di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli
scandali: su su per l'Italia, ed è già, oltre Roma... »
(Leonardo
Sciascia, Il
giorno della civetta)
Il
giorno della civetta
La
complessa genesi.
Nel 1956/1957 Sciascia sta lavorando ad un racconto,
Il
silenzio,
che
può essere considerato l'origine de Il
Giorno della Civetta.
In una
lettera
a
Italo
Calvino
– amico
e lettore della Casa Editrice Einaudi -
del 2 settembre 1957 Sciascia
scrive
infatti:
«Avevo intrapreso a scrivere un racconto di tecnica “gialla”–
ambiente siciliano, mafia e politica».
Circa
un anno dopo,
il 2 ottobre del 1958, sempre
rivolgendosi a
Calvino, scrive:
«sto lavorando a un racconto lungo sulla mafia di tecnica gialla e
che avrà il titolo shakespeariano de “Il giorno della civetta”
(“come la civetta quando il giorno compare”)».
Poco
dopo l'annuncio a Calvino del racconto lungo, nel
febbraio 1959, viene pubblicato, ne “La Fiera Letteraria” il
racconto breve
Il
silenzio
(vedi
in
appendice).
Il
giorno
della civetta,
iniziato
dunque nel 1958, rivisto
nel 1960, letto da Calvino in manoscritto nel settembre di
quell'anno, viene
pubblicato, per la prima volta da Einaudi, l'anno successivo, nel
1961.
Proprio
questa genesi così complessa del racconto fa sì che comunque
esso non sia dei più amati da Sciascia, che per sua tendenza non ama
molto la rielaborazione.
Calvino
e la casa editrice Einaudi.
Per
inciso si ricorda che Cesare
Pavese e Natalia Ginzburg, terminata
la guerra, si occupano di rimettere
in
piedi la Einaudi, fondata nel 1933. Calvino entra come collaboratore
stabile e
lettore presso
questa casa editrice nel 1950 e prende il posto di Cesare Pavese,
morto
suicida
in
quell'anno. In
particolare Italo Calvino
e
Elio Vittorini,
attraverso le collane di narrativa e la rivista «Il menabò»
(1959-1967), guidano la ricerca letteraria con
una grande attenzione a quanto
di più innovativo accade in Europa e in America.
'Finzione' e realtà. Molti sono i parallelismi tra finzione – diciamo così – e realtà che rendono questo libro veramente importante:
- Salvatore Colasberna e Accursio Miraglia (1896 – 1947) , persona vera, con una storia di impegno che vale la pena di conoscere, ucciso a Sciacca nel gennaio del 1947;
- il Capitano Bellodi e Renato Candida (-1988), vero Comandante dell'Arma dei Carabinieri ad Agrigento, autore di un saggio Questa mafia (1956) ed amico di Sciascia. Scriveva Sciascia di Candida ne La Stampa dell'11 novembre 1988, in occasione del trigesimo della morte, “…Non solo per ‘Il giorno della civetta’, ma per ogni mio racconto in cui c’è il personaggio di un investigatore, la figura e gli intendimenti di Renato Candida, la sua esperienza, il suo agire, più o meno vagamente mi si sono presentate alla memoria, all’immaginazione…”. E come non pensare immediatamente a Salvo Montalbano, creatura di Camilleri, e a tanti altri. Vedi per approfondimenti: http://www.amicisciascia.it/component/k2/item/459-il-rapporto-tra-sciascia-e-candida.html
'Finzione' e realtà. Molti sono i parallelismi tra finzione – diciamo così – e realtà che rendono questo libro veramente importante:
- Salvatore Colasberna e Accursio Miraglia (1896 – 1947) , persona vera, con una storia di impegno che vale la pena di conoscere, ucciso a Sciacca nel gennaio del 1947;
- il Capitano Bellodi e Renato Candida (-1988), vero Comandante dell'Arma dei Carabinieri ad Agrigento, autore di un saggio Questa mafia (1956) ed amico di Sciascia. Scriveva Sciascia di Candida ne La Stampa dell'11 novembre 1988, in occasione del trigesimo della morte, “…Non solo per ‘Il giorno della civetta’, ma per ogni mio racconto in cui c’è il personaggio di un investigatore, la figura e gli intendimenti di Renato Candida, la sua esperienza, il suo agire, più o meno vagamente mi si sono presentate alla memoria, all’immaginazione…”. E come non pensare immediatamente a Salvo Montalbano, creatura di Camilleri, e a tanti altri. Vedi per approfondimenti: http://www.amicisciascia.it/component/k2/item/459-il-rapporto-tra-sciascia-e-candida.html
-
Don Mariano Arena e … non mancano certo personaggi reali che, ieri
come oggi, possano richiamare questo personaggio.
Gli
'allegati'. Ma è da sottolineare l'importanza anche degli
'allegati' che vanno a chiudere il libro: la Nota coeva alla prima
edizione e l'Avvertenza che compare, e sempre poi resta,
nell'edizione del 1972. Due pezzi da meditazione.
Il
titolo.
Infine
una notazione sul titolo. Il
titolo è tratto dall’Enrico
VI
di Shakespeare (Parte
III Atto V Scena IV),
e
un
passo del
testo shakespeariano
fa da epigrafe al romanzo: “… come la civetta quando di giorno
compare”. Lo
studioso Paolo Squillacioti (in
Opere.
Narrativa Teatro Poesia
di Leonardo
Sciascia,
a
cura di Paolo Squillacioti, Adelphi)
riporta due brevi testi (del
1960
e del
1979)
con
i quali
lo
scrittore spiega così
il
titolo: la mafia, che in passato operava in segreto, come la civetta
che è un animale notturno, ora agisce in piena luce, anche grazie a
complicità politiche. Ma
leggendo il testo
di
Shakespeare l'interpretazione
potrebbe
essere diversa:
il
Duca di Somerset, prima della
Battaglia
di Tewkesbury (1471)
fra
i Lancaster e
gli
York – una
delle battaglie decisive
della Guerra delle due rose 1455-1485
- dice “E
chi non
vuole
combattere
per una
tale
speranza vada
a casa e a letto e, se si alza, sia oggetto di scherno e di
meraviglia,
come la civetta quando di giorno compare”. Come
dire: che non provi a farsi vedere in giro chi oggi non è al nostro
fianco per lottare contro il nemico. Così
il Capitano Bellodi, dopo essere stato amaramente sconfitto nelle sue
indagini, tornando nella sua Parma e vedendo la superficialità con
cui le ragazze del Nord parlano della Sicilia, decide che tornerà
giù finché “mi ci romperò la testa”.
Purtroppo
bisogna dire che, nonostante tale incoraggiamento alle sue truppe,
nella battaglia di Tewkesbury il casato di Lancaster venne
completamente sconfitto dal rivale Casato di York.
Epoca
Il
racconto, se si concorda per un riferimento molto probabile alla
vicenda di Accursio Miraglia, si svolge intorno alla metà del secolo
scorso. Quindi Sciascia racconta una Sicilia di poco più di 10 anni
prima. Inutile dire invece come la storia sembri senza tempo.
Nel
1943, alla caduta del fascismo, rimangono attive in Sicilia solo un
quinto delle cooperative agricole nate prima del regime (mentre nel
resto d'Italia la percentuale si aggira intorno al 50%). Le
cooperative permettevano con una distribuzione dei costi collettiva e
l'accesso ai finanziamenti delle casse rurali collegate, dei vantaggi
per la comunità dei contadini.
Se nel resto d'Italia la rinascita
si ricollega all'esperienza socialista precedente, in Sicilia la
distruzione, anche materiale, delle sedi, dei macchinari, la
dispersione e l'uccisione degli animatori di queste cooperative, fa
sì che la rinascita debba ripartire da zero.
All'indomani dello sbarco alleato, nel 1943, i contadini come era accaduto con lo sbarco dei mille nel 1860, coltivano l'ingenua speranza di un cambiamento radicale: con la fine della guerra una più giusta ridistribuzione delle terre e del lavoro. Nel 1944 Miraglia fonda la cooperativa “La madre terra” e con essa una nuova forma di solidarietà che si alimenta di questa speranza. Egli cerca di organizzare e portare avanti le istanze delle persone più umili, degli stessi contadini che coraggiosamente chiedono l’attuazione delle leggi che destinavano loro, purché fossero riuniti in cooperative agricole, la terra incolta o malcoltivata dei latifondi. Si tratta dello storico decreto Gullo e, successivamente, Gullo-Segni. E' un avvenimento storico la cavalcata da lui organizzata che vede diecimila persone sfilare su carri, cavalli, muli e a piedi per le vie di Sciacca. La sua attività gli fa subire le pesanti minacce dei latifondisti e dei gabellotti mafiosi che non sono disposti, nonostante l'imposizione della legge, a rinunciare a nessuna terra e a nessun guadagno derivante. I gabellotti sono i primi affittuari dei latifondi e amministrano con ogni mezzo, lecito ma soprattutto illecito, le terre per conto dei grandi proprietari che vivono nei grandi palazzi cittadini e abbandonano le terre ai questi sottoposti preoccupandosi di riceverne solo i proventi.
All'indomani dello sbarco alleato, nel 1943, i contadini come era accaduto con lo sbarco dei mille nel 1860, coltivano l'ingenua speranza di un cambiamento radicale: con la fine della guerra una più giusta ridistribuzione delle terre e del lavoro. Nel 1944 Miraglia fonda la cooperativa “La madre terra” e con essa una nuova forma di solidarietà che si alimenta di questa speranza. Egli cerca di organizzare e portare avanti le istanze delle persone più umili, degli stessi contadini che coraggiosamente chiedono l’attuazione delle leggi che destinavano loro, purché fossero riuniti in cooperative agricole, la terra incolta o malcoltivata dei latifondi. Si tratta dello storico decreto Gullo e, successivamente, Gullo-Segni. E' un avvenimento storico la cavalcata da lui organizzata che vede diecimila persone sfilare su carri, cavalli, muli e a piedi per le vie di Sciacca. La sua attività gli fa subire le pesanti minacce dei latifondisti e dei gabellotti mafiosi che non sono disposti, nonostante l'imposizione della legge, a rinunciare a nessuna terra e a nessun guadagno derivante. I gabellotti sono i primi affittuari dei latifondi e amministrano con ogni mezzo, lecito ma soprattutto illecito, le terre per conto dei grandi proprietari che vivono nei grandi palazzi cittadini e abbandonano le terre ai questi sottoposti preoccupandosi di riceverne solo i proventi.
Nell'inverno del 1946
sembra che qualcosa inizi a migliorare, il movimento contadino sta
riuscendo anche in Sicilia a vedere faticosamente riconosciuti i
propri diritti, ma nella notte del 4 gennaio 1947,
al rientro da una riunione di partito, Accursio Miraglia viene ucciso
sulla porta di casa. Ha 51 anni e aveva dedicato la sua vita a ridare
un futuro ai contadini.
L'applicazione del decreto Gullo con lo scorporamento dei latifondi siciliani avrebbe potuto assestare un colpo pesante al potere della Mafia e fu per questo che produsse uno scontro tra i proprietari terrieri conservatori (spalleggiati dai loro gabellotti mafiosi) e i movimenti contadini guidati dai leader sindacali, tra i quali spiccarono Accursio Miraglia, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, che vennero barbaramente assassinati dai mafiosi insieme a molti altri capi del movimento contadino che in quegli anni lottarono per la terra negata.
Il delitto di Miraglia, come del resto tutti gli omicidi di dirigenti e militanti del movimento contadino, è rimasto impunito.
Luogo
La città del racconto non è indicata con esattezza ma il delitto viene commesso in una Piazza Garibaldi dominata dai campanili della Matrice. E' presumibile che possa identificarsi con Sciacca, dove viene ucciso Miraglia. Fanno da sfondo al romanzo anche Palermo, Roma, Parma (città di origine del Capitano Bellodi) ma la vicenda in realtà ha luogo … in Sicilia. Forse perché in ogni paese, città della Sicilia sarebbe potuta accadere.
Breve biografia dell'autoreLeonardo Sciascia (Racalmuto, 1921 – Palermo, 1989) è il primo di tre fratelli. Suo padre è impiegato presso una delle miniere di zolfo della zona e la madre è casalinga, di famiglia artigiana. Durante gli studi superiori a Caltanissetta, presso l'Istituto Magistrale "IX Maggio", incontra Vitaliano Brancati, che insegna nella stessa scuola e che resterà il suo modello e guida nel mondo della cultura.
Nel 1941 si diploma e trova impiego al Consorzio Agrario. Questo gli permette di avere una conoscenza diretta ed intensa del mondo contadino. Al Consorzio lavora fino al 1948.
Dopo vari scritti giovanili, poesie e saggi, nel 1956 pubblica "Le parrocchie di Regalpetra", una narrazione autobiografica dell'esperienza vissuta come maestro nelle scuole elementari del suo paese.
Nel 1957 viene assegnato al Ministero della Pubblica Istruzione a Roma e in autunno pubblica i tre racconti che vanno sotto il titolo "Gli zii di Sicilia". Dopo un anno torna in Sicilia, a Caltanissetta, e da questo momento inizia il periodo più fecondo della sua produzione letteraria, che comprende romanzi, saggi, opere teatrali.
Nel 1967 si trasferisce a Palermo e nel 1969 inizia la sua collaborazione con il Corriere della Sera.
In effetti la collaborazione di Sciascia è molto intensa ed egli scrive per numerosi giornali e riviste italiane (L'Ora, Il Corriere della Sera, La stampa ...).Alle elezioni comunali di Palermo nel giugno 1975 lo scrittore si candida come indipendente nelle liste del PCI e viene eletto con molte preferenze. Ma 1977 si dimette dalla carica di consigliere del PCI perché contrario al compromesso storico e altre divergenze con il partito. Nel 1979 entra nel partito Radicale e si candida sia al Parlamento europeo sia alla Camera. Viene eletto in entrambe le sedi ed opta per Montecitorio, dove rimarrà fino al 1983 occupandosi quasi esclusivamente dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia.
Nei primi anni '80 allo scrittore viene diagnosticato un tumore al midollo osseo.
Il 10 gennaio 1987, sul Corriere della Sera, Sciascia pubblica l'articolo "I professionisti dell'antimafia", nel quale denuncia il comportamento di alcuni magistrati palermitani del pool antimafia, definendoli "eroi della sesta", i quali a suo parere avrebbero peccato di carrierismo.
L'espressione popolare, di origine milanese, usata da Sciascia, nasce, nei giorni successivi alla Cinque giornate, quando gli aristocratici, borghesi e politici che si erano tenuti ben lontani dagli scontri, si insediano al governo della città dopo la ritirata delle truppe austriache.
In particolare, lo scrittore accusa il giudice Paolo Borsellino di aver vinto il concorso per il posto di Procuratore della Repubblica di Marsala, non per motivi di anzianità di servizio, ma per specifiche e particolari competenze professionali acquisite sul campo, che il Consiglio Superiore della Magistratura gli riconosce particolarmente e che gli valgono il superamento in graduatoria di altri magistrati: “I lettori, comunque, prendano atto che nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso.” Per chi volesse leggere il testo integrale dell'articolo: http://antimafia.altervista.org/sciascia.php
L'articolo suscita la reazione di molte personalità della cultura e della politica e Sciascia viene isolato dalle maggiori forze politiche e culturali. Purtroppo pochissimi anni dopo, nel 1992, tutti poterono constatare quanto alto sia stato il prezzo pagato dal giudice Borsellino per il suo presunto 'carrierismo'.
Leonardo Sciascia muore a Palermo il 20 novembre 1989. È sepolto nel cimitero di Racalmuto, suo paese natale; sulla lapide la frase: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”. In un un manoscritto, conservato dalla famiglia, Sciascia scrive: “Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l'Isle-Adam (1838 –1889, scrittore e commediografo simbolista francese): 'Ce ne ricorderemo, di questo pianeta'. E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano.” Sulla scommessa di Pascal: http://it.wikipedia.org/wiki/Scommessa_di_Pascal
L'applicazione del decreto Gullo con lo scorporamento dei latifondi siciliani avrebbe potuto assestare un colpo pesante al potere della Mafia e fu per questo che produsse uno scontro tra i proprietari terrieri conservatori (spalleggiati dai loro gabellotti mafiosi) e i movimenti contadini guidati dai leader sindacali, tra i quali spiccarono Accursio Miraglia, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, che vennero barbaramente assassinati dai mafiosi insieme a molti altri capi del movimento contadino che in quegli anni lottarono per la terra negata.
Il delitto di Miraglia, come del resto tutti gli omicidi di dirigenti e militanti del movimento contadino, è rimasto impunito.
Luogo
La città del racconto non è indicata con esattezza ma il delitto viene commesso in una Piazza Garibaldi dominata dai campanili della Matrice. E' presumibile che possa identificarsi con Sciacca, dove viene ucciso Miraglia. Fanno da sfondo al romanzo anche Palermo, Roma, Parma (città di origine del Capitano Bellodi) ma la vicenda in realtà ha luogo … in Sicilia. Forse perché in ogni paese, città della Sicilia sarebbe potuta accadere.
Breve biografia dell'autoreLeonardo Sciascia (Racalmuto, 1921 – Palermo, 1989) è il primo di tre fratelli. Suo padre è impiegato presso una delle miniere di zolfo della zona e la madre è casalinga, di famiglia artigiana. Durante gli studi superiori a Caltanissetta, presso l'Istituto Magistrale "IX Maggio", incontra Vitaliano Brancati, che insegna nella stessa scuola e che resterà il suo modello e guida nel mondo della cultura.
Nel 1941 si diploma e trova impiego al Consorzio Agrario. Questo gli permette di avere una conoscenza diretta ed intensa del mondo contadino. Al Consorzio lavora fino al 1948.
Dopo vari scritti giovanili, poesie e saggi, nel 1956 pubblica "Le parrocchie di Regalpetra", una narrazione autobiografica dell'esperienza vissuta come maestro nelle scuole elementari del suo paese.
Nel 1957 viene assegnato al Ministero della Pubblica Istruzione a Roma e in autunno pubblica i tre racconti che vanno sotto il titolo "Gli zii di Sicilia". Dopo un anno torna in Sicilia, a Caltanissetta, e da questo momento inizia il periodo più fecondo della sua produzione letteraria, che comprende romanzi, saggi, opere teatrali.
Nel 1967 si trasferisce a Palermo e nel 1969 inizia la sua collaborazione con il Corriere della Sera.
In effetti la collaborazione di Sciascia è molto intensa ed egli scrive per numerosi giornali e riviste italiane (L'Ora, Il Corriere della Sera, La stampa ...).Alle elezioni comunali di Palermo nel giugno 1975 lo scrittore si candida come indipendente nelle liste del PCI e viene eletto con molte preferenze. Ma 1977 si dimette dalla carica di consigliere del PCI perché contrario al compromesso storico e altre divergenze con il partito. Nel 1979 entra nel partito Radicale e si candida sia al Parlamento europeo sia alla Camera. Viene eletto in entrambe le sedi ed opta per Montecitorio, dove rimarrà fino al 1983 occupandosi quasi esclusivamente dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia.
Nei primi anni '80 allo scrittore viene diagnosticato un tumore al midollo osseo.
Il 10 gennaio 1987, sul Corriere della Sera, Sciascia pubblica l'articolo "I professionisti dell'antimafia", nel quale denuncia il comportamento di alcuni magistrati palermitani del pool antimafia, definendoli "eroi della sesta", i quali a suo parere avrebbero peccato di carrierismo.
L'espressione popolare, di origine milanese, usata da Sciascia, nasce, nei giorni successivi alla Cinque giornate, quando gli aristocratici, borghesi e politici che si erano tenuti ben lontani dagli scontri, si insediano al governo della città dopo la ritirata delle truppe austriache.
In particolare, lo scrittore accusa il giudice Paolo Borsellino di aver vinto il concorso per il posto di Procuratore della Repubblica di Marsala, non per motivi di anzianità di servizio, ma per specifiche e particolari competenze professionali acquisite sul campo, che il Consiglio Superiore della Magistratura gli riconosce particolarmente e che gli valgono il superamento in graduatoria di altri magistrati: “I lettori, comunque, prendano atto che nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso.” Per chi volesse leggere il testo integrale dell'articolo: http://antimafia.altervista.org/sciascia.php
L'articolo suscita la reazione di molte personalità della cultura e della politica e Sciascia viene isolato dalle maggiori forze politiche e culturali. Purtroppo pochissimi anni dopo, nel 1992, tutti poterono constatare quanto alto sia stato il prezzo pagato dal giudice Borsellino per il suo presunto 'carrierismo'.
Leonardo Sciascia muore a Palermo il 20 novembre 1989. È sepolto nel cimitero di Racalmuto, suo paese natale; sulla lapide la frase: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”. In un un manoscritto, conservato dalla famiglia, Sciascia scrive: “Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l'Isle-Adam (1838 –1889, scrittore e commediografo simbolista francese): 'Ce ne ricorderemo, di questo pianeta'. E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano.” Sulla scommessa di Pascal: http://it.wikipedia.org/wiki/Scommessa_di_Pascal
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Il
silenzio,
di
Leonardo
Sciascia
«LEONARDO SCIASCIA: Due racconti (Il silenzio, L’antimonio)», p.5 de «La Fiera letteraria», domenica 8 febbraio 1959
«LEONARDO SCIASCIA: Due racconti (Il silenzio, L’antimonio)», p.5 de «La Fiera letteraria», domenica 8 febbraio 1959
[ Sono
sottolineate le parti, a
volte semplici accenti o diversa punteggiatura a volte più
sostanziali, che,
nell'incipit de Il giorno della civetta, risultano modificate ]
Il bigliettaio bestemmiò: la faccia gli era diventata colore di zolfo, tremava. Il venditore di panelle, che era a tre metri dall’uomo caduto, muovendosi come un granchio cominciò ad allontanarsi verso la porta della chiesa. Nell’autobus nessuno si mosse, l’autista era come impietrito, la destra sulla leva del freno e la sinistra sul volante. Il bigliettaio guardò tutte quelle facce che sembravano facce di ciechi, senza sguardo; disse – l’hanno ammazzato – si levò il berretto e cominciò a passarsi la mano sui capelli; bestemmiò ancora.
– I carabinieri – disse l’autista – bisogna chiamare i carabinieri.
Si alzò ed aprì l’altro sportello – ci vado – disse al bigliettaio.
Il bigliettaio guardava il morto e poi i viaggiatori. Ci erano anche donne sull’autobus, vecchie che ogni mattina portavano sacchi di tela bianca, pesantissimi, e ceste piene di uova; le loro vesti nere stingevano odore di trigonella di stallatico di legna bruciata; di solito lastimavano e imprecavano, ora stavano in silenzio, le facce come dissepolte da un silenzio di secoli.
– Chi è? – domandò il bigliettaio indicando il morto. Nessuno rispose: il bigliettaio bestemmiò, era un bestemmiatore di fama tra i viaggiatori di quella autolinea, bestemmiava con estro: già gli avevano minacciato licenziamento. Era siracusano, in fatto di morti ammazzati aveva poca pratica: una stupida provincia, quella di Siracusa.
Vennero i carabinieri, il maresciallo nero di barba e di sonno. Dall’altro sportello dell’autobus, ad uno ad uno, i viaggiatori cominciarono a scendere; in apparente indolenza, voltandosi indietro come a cercare la distanza giusta per ammirare i campanili, si allontanavano verso i margini della piazza e, dopo un ultimo sguardo, svincolavano. Di quella lenta raggera di fuga il maresciallo e i carabinieri non si accorgevano. Intorno al morto stavano ora un centinaio di persone; il maresciallo ordinò ai carabinieri di far sgombrare la piazza e di far risalire sull’autobus i viaggiatori. I carabinieri cominciarono a spingere i curiosi verso le strade che intorno alla piazza si aprivano, spingevano e chiedevano ai viaggiatori di andare a riprendere il loro posto sull’autobus. Quando la piazza fu vuota, vuoto era anche l’autobus; solo l’autista e il bigliettaio restavano.
– E che – domandò il maresciallo all’autista – non viaggiava nessuno oggi?
– Qualcuno c’era – rispose l’autista con faccia smemorata.
– Qualcuno – disse il maresciallo – vuol dire tre quattro cinque, io non ho mai visto questo autobus partire, che ci fosse un solo posto vuoto.
– Non so – disse l’autista, tutto spremuto nello sforzo di ricordare – non so: qualcuno, dico, così per dire; certo non erano quattro o cinque, erano di più, forse l’autobus era pieno... Io non guardo mai la gente che c’è: mi infilo al mio posto e via... Solo la strada guardo, mi pagano per guardare la strada.
Il maresciallo si passò sulla faccia una mano stirata dai nervi.– Ho capito – disse – tu guardi solo la strada; ma tu – e si voltò inferocito verso il bigliettaio – tu stacchi i biglietti, prendi i soldi, dai il resto: conti le persone e le guardi in faccia... E se non vuoi che te ne faccia ricordare in camera di sicurezza, devi dirmi subito chi c’era sull’autobus, almeno dieci nomi devi dirmeli; da tre anni che fai questa linea, da tre anni ti vedo ogni sera al caffè Italia: il paese lo conosci meglio di me...
– Meglio di lei il paese non può conoscerlo nessuno – disse il bigliettaio, col tono di schermirsi da un complimento.
– Va bene – disse il maresciallo sogghignando – prima io e poi tu: va bene; ma io sull’autobus non c’ero, ché ricorderei uno per uno i cinquanta viaggiatori che c’erano; dunque tocca a te, almeno dieci devi nominarmeli.
– Non mi ricordo – disse il bigliettaio – sull’anima di mia madre, non mi ricordo; in questo momento di niente mi ricordo, mi pare che sto sognando.
– Ti sveglio io ti sveglio – s’infuriò il maresciallo – con un paio d’anni di galera ti sveglio... – ma s’interruppe per andare incontro al pretore che veniva. E mentre riferiva al pretore sulla identità del morto e sulla fuga dei viaggiatori, guardando l’autobus, ebbe un lampo di percezione, il senso che qualcosa mancasse o stesse fuori posto: come quando una cosa viene a mancare alle nostre abitudini, una cosa che, per uso o consuetudini, si ferma ai nostri sensi e più non arriva alla mente; e la sua assenza genera un piccolo vuoto smarrimento, come una intermittenza di luce che ci esaspera: finché la cosa che cerchiamo di colpo nella mente si rapprende.
– Manca qualcosa – disse il maresciallo al carabiniere Sposito che, col diploma di ragioneria che aveva, era la colonna della Stazione Carabinieri di S. – Manca qualcosa, o qualcuno...
– Il panellaro – disse il carabiniere Sposito.
– Perdio: il panellaro – esclamò il maresciallo, e pensò delle scuole patrie «non lo danno al primo venuto, il diploma di ragioniere».
Un carabiniere fu mandato di corsa per acchiappare il panellaro: sapeva dove trovarlo, ché di solito, dopo la partenza del primo autobus, andava a vendere le panelle calde nell’atrio delle scuole elementari. Cinque minuti dopo il maresciallo aveva davanti il venditore di panelle: una faccia di uomo sorpreso nel sonno più innocente.
– C’era? – domandò il maresciallo al bigliettaio indicando il panellaro.
– C’era – disse il bigliettaio guardandosi una scarpa.
– Dunque – disse il maresciallo – tu stamattina, come al solito, sei venuto a vendere panelle qui: il primo autobus per Palermo, come al solito...
– Ho la licenza – disse il panellaro.
– Non mi importa della licenza – disse il maresciallo alzando al cielo occhi che invocavano pazienza – voglio sapere una cosa sola, me la dici e te ne vai subito a vendere panelle ai ragazzini: chi ha sparato?
– Perché – fece il panellaro – hanno sparato?
Per chi volesse approfondire: http://www.academia.edu/6047377/Lalba_del_giorno_della_civetta_Il_silenzio_di_Sciascia
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Trasposizioni cinematografiche del libro
Il
giorno della civetta,
film del 1968 diretto da Damiano Damiani, interpretato da Franco Nero
(Capitano
Bellodi), Claudia
Cardinale (Rosa
Nicolosi), Lee J. Cobb (Don Mariano Arena), Tano
Cimarosa (Zecchinetta),
Serge Reggiani (Parrinieddu).
David di Donatello del 1968: miglior produttore, migliore attrice
protagonista (Claudia Cardinale), miglior attore protagonista (Franco
Nero), Targa d'oro a Damiano Damiani
Filmografia
Molti sono i libri di Sciascia da cui sono stati tratti film:
Molti sono i libri di Sciascia da cui sono stati tratti film:
1967
- A ciascuno il suo di Elio Petri (dal romanzo omonimo);
1968 - Il giorno della civetta di Damiano Damiani (dal romanzo omonimo);
1968 - Il giorno della civetta di Damiano Damiani (dal romanzo omonimo);
1969
- Un caso di coscienza di Giovanni Grimaldi (dal racconto
omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1971
- Gioco di società di Giacomo Colli, film per la TV (dal
racconto omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1972
- Storia dell'emigrazione di Alessandro Blasetti, film per la
TV (dal racconto 'Il lungo viaggio' contenuto ne 'Il mare colore del
vino');
1976
- Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi (dal romanzo 'Il
contesto');
1976
- Todo modo di Elio Petri (dal romanzo omonimo);
1976
- Una vita venduta di Aldo Florio (dalla novella
'L'antimonio');
1978
- Grand Hotel des Palmes di Memé Perlini (liberamente tratto
dal libro 'Atti relativi alla morte di Raymond Roussel');
1982
- Candido
di Roberto Guicciardini, film per la TV (dal
libro 'Candido
ovvero un sogno fatto in Sicilia')
;
1982
- Western di cose nostre
di Pino Passalacqua, film per la TV (dal
racconto omonimo contenuto ne 'Il
mare colore del vino');
1989
- Gioco di società di Nanni Loy, film per la TV (dal racconto
omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1990
- Porte aperte di Gianni Amelio (dal romanzo omonimo);
1990
- Filologia di Giuseppe Gigliorosso, film per la TV
(dal racconto omonimo contenuto ne 'Il mare colore del vino');
1991
- Una storia semplice di Emidio Greco (dal romanzo omonimo);
2000
- Ce ne ricorderemo, di questo pianeta. Un sogno di Sciascia in
Sicilia di Davide Camarrone e Salvo Cuccia;
2001
- Il consiglio d'Egitto di Emidio Greco (dal romanzo omonimo).
PS
ma anche NB - Per questa scheda sono utilizzati materiali vari
provenienti da Internet (naturalmente Wikipedia, ma anche altro
spesso indicato nel testo. Numerosissimi sono i siti dedicati a
Sciascia), dal libro di Sciascia (edizioni varie) e dal testo di
Shakespeare (Teatro, ed. Sansoni, 1957).
Molti ed assai rilevanti sono i siti dedicati alla memoria degli avvenimenti e delle vittime di mafia, primo fra tutti il sito dell'Associazione Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie http://www.libera.it/ . E' un sito molto attivo, importante, in cui si trova non solo documentazione per ricordare, ma anche tantissime indicazioni, appuntamenti ed eventi per agire.
Molti ed assai rilevanti sono i siti dedicati alla memoria degli avvenimenti e delle vittime di mafia, primo fra tutti il sito dell'Associazione Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie http://www.libera.it/ . E' un sito molto attivo, importante, in cui si trova non solo documentazione per ricordare, ma anche tantissime indicazioni, appuntamenti ed eventi per agire.
L'elaborazione
di questa scheda è di Claudia Pantanetti con Arianna Terzi, della
LBPGTerzi, e vuole essere solo una raccolta, anche disordinata, di
alcuni spunti di meditazione assolutamente libera su Il giorno
della civetta. Alcuni spunti … perché il libro ne è
ricchissimo. Come, peraltro, tutti i libri!
I
siti delle nostre Associazioni:
Libera.
Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie. Presidio
'Roberto Antiochia' del II Municipio
sito
sempre aggiornatissimo, ricco di informazioni e particolarmente
dedicato alla diffusione di iniziative sulla legalità
www.facebook.com/Libera.Roma2
– indirizzo mail:
libera.roma2@gmail.com
Libera
Biblioteca PG Terzi
sito dedicato al 'piacere della lettura', con indicazioni di iniziative e riflessioni sul mondo dei librihttp://liberabibliotecapgterzi.blogspot.it/ - indirizzo mail: LiberaBibliotecaPGT@gmail.com
sito dedicato al 'piacere della lettura', con indicazioni di iniziative e riflessioni sul mondo dei librihttp://liberabibliotecapgterzi.blogspot.it/ - indirizzo mail: LiberaBibliotecaPGT@gmail.com