giovedì 2 aprile 2015

Giulia 1300 ed altri miracoli, di Fabio Bartolomei














Circolo di lettura 'SOTTO UN'ALTRA LUCE'
Incontri di lettura e legalità

a cura della Libera Biblioteca PG Terzi e del Presidio di Libera 'Roberto Antiochia' del II Municipio con la collaborazione del Liceo Statale Niccolò Machiavelli di Roma

Giulia 1300 ed altri miracoli
di Fabio Bartolomei


Reperibilità nelle Biblioteche comunali:
Il libro è presente presso le biblioteche:Bibliocaffe' Letterario; Colli Portuensi; Ennio Flaiano; Penazzato; Rispoli; Vaccheria Nardi; Franco Basaglia; Gianni Rodari; Teatro Biblioteca Quarticciolo; Rugantino; Coop Laurentina.
Consulta il sito http://www.bibliotu.it/.do#0 per verificare che il libro non sia già in prestito.


Il libro
E' stato pubblicato nel 2011 dalle Edizioni e/o ed è il romanzo d'esordio di Fabio Bartolomei.

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Visto che recentissimamente è uscito un film di Edoardo Leo tratto dal libro di Bartolomei e dato che il rapporto tra letteratura e cinema è sempre un rapporto molto complesso e fonte di continui dibattiti – il film è meglio del libro / il libro è meglio del film – inseriamo volentieri in questa scheda lo scritto del regista, ospitato nelle pagine del sito della Editrice e/o, che parla della sua scelta di mettere in pellicola questo specifico romanzo:

Dal Sito delle Edizioni e/o - 26 gennaio 2015

"Ma il libro e' tutta un'altra cosa" - Lettera ai lettori di Fabio Bartolomei di Edoardo Leo*
*Regista di "Noi e la Giulia", film tratto da Giulia 1300 e altri miracoli di Fabio Bartolomei.

Cari amici lettori e lettrici innamorati (artisticamente) come me del nostro Fabio, la data di uscita del film si avvicina e mi è venuto così di scrivervi. Una cosa tra me e voi. Perché dalla sera del 19 febbraio sarò il maggiore responsabile di tutto quello che succederà tra il nostro romanzo preferito "Giulia 1300 e altri miracoli” e il mio film “Noi e la Giulia”. Eh già, perché non contento di aver scritto la sceneggiatura, insieme al fidato Marco Bonini, ho fatto anche la regia e ho interpretato pure Fausto. “Nient’altro?” direte voi. Si, c’è qualcos’altro. Perché, anticipandovi in modo scorrettissimo, lo voglio dire io per primo “Eh… ma il libro è tutta un’altra cosa!” Sono d’accordo con voi!
E così deve essere. Deve essere tutta un’altra cosa. Altrimenti perché farne il film?
Quello che succede facendo la trasposizione di un romanzo che hai amato in una sceneggiatura è una continua scoperta. Prima ti rendi conto che tutte quelle pagine in un film non c’entrano a meno di non fare un film di 4 ore (oddio!) e devi scegliere cosa tagliare e cosa lasciare… ogni pagina tolta… una coltellata al cuore, ve lo assicuro.>
Poi scegliere gli attori per i nostri protagonisti, che ognuno di voi avrà immaginato con la sua fantasia. Io, vabbè, ehm... ero raccomandato dal regista… per gli altri ho scelto il meglio che la mia visione del libro mi ha regalato. Ho stravolto i look di Fresi, di Argentero, di Amendola, il mio. Ma un film riserva tante sorprese. Per esempio Elisa, Anna Foglietta. Quando le ho offerto il ruolo mi ha detto “Edo quando giri sarò al settimo mese di gravidanza”. Buio. E adesso? Cambiamo attrice? Poi stranamente, mi è sembrata una grande occasione per arricchire lo script e ho riscritto Elisa per lei. Rispettandone il cuore. Ma facendola mia. E in più mi sembrava una bella cosa quella di far diventare la sua vera gravidanza un’opportunità e non un ostacolo che le avrebbe fatto perdere il lavoro. E questo per tutta la storia.
Anche per il finale che sarà una sorpresa rispetto al libro. Ho fatto rinunce dolorose, tagliando dei personaggi che avevo adorato, mai con leggerezza. Sapendo cosa perdevo. Ma sapendo anche che così arricchivo il film. Perché un film… è davvero tutta un’altra cosa.
Ogni volta, ad ogni stesura coinvolgevamo Fabio che leggeva, appuntava, suggeriva, approvava. Volevo fortemente che sentisse che dentro il suo romanzo man mano cresceva il mio film. E ad un certo punto ho smesso di cercare il libro nella pellicola. Che è forse l’unica cosa che vi chiedo.
La prima cosa che ho fatto alla fine della proiezione è cercare gli occhi di Fabio sprofondato nella poltrona della sala. Vederlo commosso è stata la prima vera soddisfazione di questo progetto a cui tengo tantissimo perché per quattro anni ho lavorato all’idea di portare sullo schermo “Giulia 1300 e altri miracoli”. Si certo… abbiamo cambiato il titolo… Per mille e più di mille ragioni. Alcune divertenti… (qualcuno non avendo letto il romanzo pensava fosse ambientato nel 1300… vabbè…) altre commerciali… è appena uscito un film con la parola ‘miracoli’ nel titolo. Poi perché, secondo noi, è il giusto titolo di questo film. Ed è una ragione importante.
Una grande produzione, la Italian International Film e una distribuzione prestigiosa, la Warner Bros, tutti convinti da un libro a fare un film che speriamo arrivi a più persone possibili. Perché un film ovviamente non si fa solo per quelli che hanno letto il libro. Ma anche per il motivo contrario. Perché magari dopo aver visto Noi e la Giulia tanti altri possano correre a comprare il libro e goderne come è successo a noi. Però se si è arrivati a farlo è anche per il vostro smisurato affetto per questo romanzo originalissimo che ha creato un passaparola enorme sul fatto che fosse perfetto per un film. Quindi in qualche modo ne siete amabilmente responsabili anche voi.
Dal 19 febbraio il film non sarà più mio ma vostro. Guardatelo, giudicatelo, consigliatelo, fatene quello che volete, ma in ogni caso vogliategli bene perché in qualche modo quelli lì siamo noi, siamo proprio noi. Noi e poi, sì certo anche lei… ovviamente… la Giulia. Buona visione.
Con affetto.

Il regista. Edoardo Leo.

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E, dato che, tra le cose che il film non ha accolto dal libro, c'è una storia nella storia che per noi è invece molto importante, ci piace recuperarla in questa scheda perché offra spunti di approfondimenti e motivi di riflessione e ci piacerà sottoporla all'incontro del prossimo 21 aprile con la presenza della Cooperativa sociale Barikamà che a questa storia è legata. Il luogo in cui è ambientata la narrazione è un generico Centro Sud Italia, non sono particolarmente identificabili tratti geografici o urbani caratteristici di una zona piuttosto che di un'altra, anche se si lascia immaginare una località campana non molto lontana dai confini del Lazio. La cittadina di Priviterno, citata nel libro, è un'invenzione dell'autore, ma non vi si può riconoscere un'eco di Priverno, nella provincia di Latina. Un fatto storico invece, singolare e identificabile, rimanda alla piana agricola calabra e ai primi giorni dell'anno 2010.

Cosa accadde a Rosarno?
Nel gennaio di quell'anno infatti in un piccolo centro agricolo nella piana di Gioia Tauro, Rosarno, noto per i fertili agrumeti e un alto tasso di criminalità legato alla 'ndrangheta, scoppiò una vera rivolta civile. Nella serata del 6 gennaio, per gioco o provocazione, tre lavoranti agricoli extracomunitari furono presi di mira da dei giovani con un fucile ad aria compressa ed uno dei lavoratori fu ferito gravemente. L'episodio non era che l'ennesimo sopruso subito da questi come da centinaia di altri lavoratori, costretti con paghe miserrime, in condizioni di lavoro e di vita indegne, in alloggi senza acqua né luce e vittime di continue vessazioni. La rivolta fu immediata, istintiva, violenta, disorganizzata e si abbatté sulle vetrine dei negozi e sulle macchine. La forza pubblica in breve ristabilì una parvenza di quiete, ma rispose una ben maggiore e diversamente motivata reazione da parte dei Rosarnesi: cittadini armati di fucili, bastoni, incendiarono i rifugi dei migranti, le automobili, i loro alloggi e procedettero a linciaggi, a cacce ai negri! con spedizioni punitive, gambizzazioni. Qualche tempo dopo gli scontri, la magistratura iniziò a indagare circa la possibilità che alcune cosche mafiose calabresi potessero aver avuto interessi a far scoppiare gli scontri oppure che li avessero sostenuti.
La polizia allontanò più di 1000 lavoratori extracomunitari sui pullman con varie destinazioni tra cui i Centri di identificazione ed espulsione di Crotone e Bari. A Roma sono arrivati in 200 senza alcun punto di riferimento. Molti di loro hanno avuto l'accoglienza della rete di realtà autorganizzate del Pigneto che ha improvvisato un luogo di prima ospitalità all’interno del Centro Sociale ex SNIA, in via Prenestina, attivando una rete spontanea di solidarietà che ha coinvolto tutto il territorio. Questo contesto ha permesso che cominciasse un percorso di autorganizzazione, concretizzatosi nella prima ASSEMBLEA DEI LAVORATORI AFRICANI DI ROSARNO A ROMA, che in data 31 gennaio ha comunicato il proprio appello, che qui riportiamo:

“I MANDARINI E LE OLIVE NON CADONO DAL CIELO”
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l’assemblea dei lavoratori africani di rosarno a roma.
Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane.
Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato.
Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche.
A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare.
Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica.
Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi.
Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori.
Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie... prelevati, qualcuno è sparito per sempre.
Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l’interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare.
Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani.
Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese.
Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza.
La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste?
Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all’uomo.
Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in africa, altri sono sparpagliati nelle città del sud.
Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori.
Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono.
Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all’italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze.
Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
Domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motivi umanitari agli 11 africani feriti a rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada.
Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.
L’assemblea dei lavoratori africani di Rosarno a Roma



Qui riportiamo un brano illuminante dal libro di Antonello Mangano, che molto dettagliatamente parla della rivolta di Rosarno e spiega cosa è successo durante e dopo la rivolta. È un testo che fa capire quanto la ribellione dei migranti sfruttati significhi veramente “alzare il livello dei diritti di tutti”, anche i nostri:

Antonello Mangano, Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l'Italia, 2a ed. aggiornata, terrelibere.org, Catania 2012.

“Dopo i fatti del 2010, qualunque tensione tra italiani e migranti è diventata per i media – e per il senso comune – `una nuova Rosarno`. La rivolta è stata invece un atto di ribellione contro mafia e sfruttamento. E oggi non è un pericolo da scongiurare o un ricordo da rimuovere […] Dal 2010, invece, la rivolta di Rosarno è diventata uno spauracchio che si aggira per le città multietniche e per le campagne caratterizzate da sfruttamento estremo. In Italia infatti la raccolta dei pomodori (o delle arance o delle patate) si affronta abitualmente con gli strumenti dell’emergenza umanitaria: container e tendopoli, come in Darfur. Perché non cominciare dalla questione sindacale? La povertà estrema dei braccianti stranieri dipende dai salari bassi e da una filiera malata. Da un sistema economico che si basa sullo sfruttamento portato alle estreme conseguenze, per i migranti come per gli italiani. Tutto questo non esiste nell’immaginario collettivo. Per i media e dunque per il senso comune, Rosarno è la metafora di una bomba pronta a esplodere ovunque ci siano tensioni tra immigrati e italiani. Per noi è la speranza: anche un luogo estremo e apparentemente senza luce può innescare processi di cambiamento se viene contaminato da mentalità differenti […] Tutti, per lunghi anni, hanno raccontato che i migranti mettono in pericolo la nostra sicurezza. Al Sud, come in ogni territorio dominato dalla mafia, è semplicemente ridicolo. Dopo le rivolte, è apparso anche falso. Gli africani hanno reso Rosarno un posto più sicuro. Per gli italiani e per sé stessi. Sono finite le aggressioni razziste, una piaga per vent’anni […] Gli italiani hanno potuto respirare: gli arresti e i processi contro i Pesce-Bellocco, i sequestri di beni [... ]. La ‘ndrina controllava – fino ai sequestri di “All Clean” [nel 2011] – tutta la filiera delle arance: dal conferimento al trasporto su gomma, dalla fornitura di cassette fino ai supermercati. Chi lavorava fuori da quel sistema e riconosceva salari dignitosi doveva nascondersi. Oggi, invece, la rete nazionale dei gruppi di acquisto solidale permette alle aziende che assumono in regola di trovare nuovi sbocchi e valorizzare la dignità del lavoro […] Dopo la rivolta i giornali si sono chiesti ossessivamente se Rosarno fosse cambiata. Nel frattempo si è “rosarnizzata” l’Italia. Il modello per cui il livello superiore scarica su quello più debole il disagio della crisi è ormai esteso a tutti i settori: dal commercio al turismo, dall’editoria all’edilizia […] Mentre ci siamo consolati pensando che “fanno i lavori che non facciamo più”, il lavoro migrante è stato il laboratorio dello sfruttamento da applicare a tutti. Al contrario, le lotte dei lavoratori migranti hanno alzato il livello dei diritti di tutti. Sono stati i migranti – da soli – a condurre un percorso di lotta contro le piaghe italiane, mafia e sfruttamento: da Castel Volturno a Rosarno fino allo sciopero di Nardò dell’agosto 2011. Quando incontrammo per la prima volta Giuseppe Lavorato, ex sindaco antimafia di Rosarno, ci disse: “Il nostro Pertini emigrò in Francia e poi divenne Presidente della Repubblica. Forse nelle campagne c’è già un futuro leader”[...]

Infine, cosa accade un anno dopo a Rosarno? Riportiamo un brano di Lirio Abbate, che spiega come l'economia può cambiare le carte in tavola, ma il sopruso, lo sfruttamento, la violenza restano sempre immutabili:

Lirio Abbate, Fimmine ribelli. Come le donne salveranno il paese dalla n'drangheta, Rizzoli 2013
“Un anno dopo a Rosarno, invece di 2500 lavoratori stagionali, ce ne sono 700, ma la ragione è anche che il mercato degli agrumi sta attraversando una crisi, o che l'UE ha deciso di stanziare i finanziamenti sulla base degli ettari di agrumeti invece che sul prodotto, e allora ai proprietari potrebbe anche non convenire raccogliere la frutta... lo sfruttamento invece è immutato, lavoro ce n'è di meno e gente disperata sempre troppa: si lavora per settimane pensando di essere messi in regola ed invece è una truffa, alla prima richiesta, il caporale si rivolge ad altri, si sa che moldavi e bulgari lavorano anche per 50 centesimi l'ora, mentre la tariffa degli africani è di 2 euro: a fronte dei 6 euro e 20 del minimo sindacale”


Mentre la Cooperativa sociale Barikamà, che incontreremo in occasione del prossimo incontro del Circolo di lettura, prosegue da Roma:




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Breve biografia dell'autore
Fabio Bartolomei è nato (1967) e vive a Roma, nel quartiere della Montagnola, che è uno dei luoghi in cui si svolge uno dei suoi libri. E' scrittore, pubblicitario e autore di sceneggiature. Insegna scrittura creativa. Nel 2004 ha vinto il Globo d’Oro per il miglior cortometraggio, da lui prodotto, Interno 9, con la regia di Davide Del Degan e di cui Fabio Bartolomei firma la sceneggiatura insieme con Alessandra Romani. Il Globo d'Oro è un premio cinematografico italiano assegnato con cadenza annuale, dal 1959, dai giornalisti dell'Associazione Stampa Estera in Italia.
Oltre a Giulia 1300 e altri miracoli (2011), ha scritto: La banda degli invisibili (2012), We are family (2013) e Lezioni in paradiso (2014), tutti per le Edizioni E/O.
Costante dei suoi libri è quella di far sorridere, a volte ridere, ma senza mai nascondere le debolezze e le sofferenze dei personaggi, i mali e i difetti del nostro paese.
Abbiamo pensato, data la più che breve biografia di Bartolomei, di riportare due interviste recenti in cui parla di se stesso, dei suoi gusto, delle sue motivazioni di scrittore. La prima comparsa sul quotidiano La Repubblica:

Silvana Mazzocchi – 24 gennaio 2013 - http://www.repubblica.it/rubriche/passaparola/
in occasione della pubblicazione di We are family

Un bambino prodigio che continua a sognare. Da dove viene l'idea?
"Mi piacciono le persone che hanno un talento straordinario e decidono di metterlo al servizio di cause che non hanno nulla a che vedere con il successo personale, il potere o il denaro. … Avevo voglia di scrivere un libro che avesse come protagonista un bambino, di costruire una storia che lo vedesse impegnato in una missione apparentemente al di sopra delle sue capacità, di mettermi nei panni di chi come obiettivo ha il raggiungimento di beni e valori primari (perché di lotte per l'accaparramento di beni e valori accessori è già piena la vita di tutti i giorni e francamente sentivo il bisogno di altro)...".
La salvezza è restare un po' bambini per sempre?
"Quasi sempre la figura dell'adulto eterno bambino è deprimente. La connotazione classica prevede: superficialità, incapacità di assumersi le responsabilità e di gestire i sentimenti (soprattutto se sono quelli degli altri). Raramente però s'incontrano anche degli adulti che sanno coltivare il sano gusto per il gioco senza per questo considerare il mondo il loro luna-park personale, che alla maschera dell'adulto annoiato dalla vita oppongono una curiosità insaziabile, che sanno illuminarsi di genuino stupore, senza paura, perché la posa dell'uomo o della donna che le hanno viste tutte sarà anche affascinante ma alla lunga annoia. Con queste caratteristiche sì, è salvezza. ...".
Lei crede alla forza della famiglia?
"Scrivere aiuta a chiarirsi le idee, anche su ciò che si è appena finito di scrivere. Tornando per un attimo alla prima domanda: "da dove viene l'idea?" mi sono ricordato ora che molti mesi fa (prima di iniziare la stesura di We are family) parlavo con alcuni amici del periodo più felice della mia vita. Per qualcuno era stata l'adolescenza, per qualche altro era stato il periodo dell'università o quello immediatamente successivo, per me è stato senza dubbio l'infanzia, con tutto il rispetto per ciò che è venuto dopo che non è da buttare. Il merito ovviamente è della mia famiglia, del fatto che mio padre, mia madre e mia sorella c'erano sempre. Senza la presunzione di spiegarmi il mondo e il senso della vita, erano lì per starmi vicini, per dimostrarmi che potevo sempre contare su di loro, per dare risposte aperte alle domande che spesso nemmeno facevo. Al di là di ciò che superficialmente può aver mosso la stesura del soggetto e poi dei singoli capitoli, alla base non può che esserci l'atmosfera che ho vissuto nei miei primi dieci anni di vita. Quindi sì, senza dubbio credo nella forza della famiglia e negli unici sacri vincoli che ne delineano l'essenza, anzi la sostanza: l'unione, soprattutto morale, e la costanza. ...".


La seconda compare nel sito Librofilia:

Chiara Ruggiero – 20 marzo 2014 - http://www.librofilia.it/

Da bambino cosa sognavi di diventare “da grande”?
Per tutta l’infanzia e breve parte dell’adolescenza: il pompiere. Poi sono entrato in confusione.
Qual è stato in assoluto il primo libro che hai letto e che ricordi?
Si chiamava Tompusse e il romano antico. Purtroppo l’ho perso e, a essere onesti, i ricordi sono piuttosto vaghi.
Come sei stato scoperto dai tuoi editori?
Sono andato sul sito delle Edizioni e/o, ho letto le istruzioni sull’invio dei manoscritti e ho mandato il mio primo romanzo Giulia 1300 e altri miracoli via mail.
Hai qualche mania come scrittore?
Ne avevo già tante prima di diventare scrittore, non m’è parso il caso di aggiungerne di nuove.
Ascolti musica mentre scrivi?
Dipende, a volte sì, e in quei casi prediligo la musica classica o i brani strumentali in genere (le parti cantate mi distraggono). Altre volte mi lascio ispirare dalle bestemmie del gommista sotto casa.
Cosa ne pensi dell’editoria a pagamento?
Non è editoria.
Cartacei o e-book?
Non voglio passare la vita davanti ai monitor, almeno quando leggo preferisco guardare dei fogli di carta.
Cosa consiglieresti ad un aspirante scrittore?
Tutti consigliano di leggere. Giustissimo. Io consiglio anche di rileggere. Quando un romanzo ci colpisce bisogna leggerlo e poi smontarlo pezzo a pezzo per vedere come funziona.
Un motivo per il quale consiglieresti a tutti di leggere i tuoi libri?
Sono usciti in edizione tascabile, costano poco.
Autori/autrici che stimi in assoluto?
Sarebbe un elenco troppo lungo. Tagliando corto: John Steinbeck e Elena Ferrante.
Cosa stai leggendo in questo momento?
Esche vive
di Fabio Genovesi, poi mi tufferò nel terzo volume di Elena Ferrante, L’amica geniale.Quali sono i tuoi progetti futuri?
Se nessuno ha niente in contrario io continuerei a scrivere romanzi.

Infine, se volete saperne ancora di più:
http://libri.tempoxme.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3058:chiacchierando-con--fabio-bartolomei&catid=263:chiacchierando


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PS ma anche NB - Per questa scheda sono utilizzati materiali vari provenienti da Internet, naturalmente Wikipedia, ma anche altro. Citiamo, ad esempio, per approfondimenti:
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2751
http://www.malitalia.it/2011/01/dossier-rosarno-un-anno-dopo/
http://www.terrelibere.org/
http://www.italy.iom.int/index.php?option=com_content&task=view&id=77&Itemid=90

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L'elaborazione di questa scheda è di Arianna Terzi e Claudia Pantanetti, della LBPGTerzi, e vuole essere solo una raccolta, anche disordinata, di alcuni spunti di meditazione assolutamente libera su Giulia 1300 ed altri miracoli. Alcuni spunti … perché il libro ne è ricchissimo (non ci stanchiamo mai di dirlo!). Come, peraltro, tutti i libri!

I siti delle nostre Associazioni:
Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie. Presidio 'Roberto Antiochia' del II Municipio
sito sempre aggiornatissimo, ricco di informazioni e particolarmente dedicato alla diffusione di iniziative sulla legalità
www.facebook.com/Libera.Roma2 – indirizzo mail: libera.roma2@gmail.com

Libera Biblioteca PG Terzi
sito dedicato al 'piacere della lettura', con indicazioni di iniziative e riflessioni sul mondo dei libri
http://liberabibliotecapgterzi.blogspot.it/ - indirizzo mail: LiberaBibliotecaPGT@gmail.com